La “medicina totale”, il nuovo paradigma del terzo millennio

In ambito medico, gli ultimi decenni dello scorso secolo sono stati caratterizzati dallo sviluppo e dalla diffusione delle “medicine alternative”. Quell’insieme di pratiche mediche meglio definite come “non convenzionali” che col tempo si sono organizzate nella cosiddetta “medicina integrata”, frutto appunto di un’integrazione tra la medicina convenzionale e altre pratiche mediche ritenute utili. Oggi più che mai, secondo il mio parere di medico e odontoiatra con oltre 40 anni di esperienza clinica alle spalle,  è necessario fare un ulteriore passo in avanti, affinché la cura dei nostri pazienti non sia più soltanto integrata, ma totale. La medicina infatti necessita di un nuovo approccio, a partire dalla diagnosi che non può più essere riferita soltanto alla parte del corpo dove si manifesta il disturbo o la patologia. La diagnosi deve invece tener conto dell’individuo nella sua totalità, del suo vissuto e delle sue relazioni.

Dalla medicina integrata alla “medicina totale”

È necessario mettere in campo conoscenze estranee all’ambito prettamente accademico dove si studia il corpo umano in modo sì dettagliato, ma parziale e riduttivo. Dove si studia cioè l’uomo dal punto di vista morfologico, anatomico, fisiologico e patologico, ma sempre in seno ad un concetto materialistico. L’uomo, secondo questa visione divenuta ormai dominante e quasi totalizzante, non sarebbe altro che un insieme di processi biochimici, biocellulari, parenchimali e sistemici sempre e solo riconducibili alla materia. Per non parlare della frammentarietà della medicina che ha prodotto altri danni. Perché oggi la medicina è andata oltre l’idea della specializzazione, proponendo la specialità nella specialità, finendo così per dimenticarsi dell’Uomo. Anche nell’odontoiatria, per esempio, la disciplina che pratico prevalentemente, una delle numerose branche mediche, ci sono gli specialisti in endodonzia, in ortognatodonzia, in chirurgia odontoiatrica, in odontoiatria estetica e protesica, in posturologia e così via, tutti estremamente capaci di osservare il dettaglio, ma non l’insieme, cioè l’uomo. Materialismo e parcellizzazione del sapere sono entrambi responsabili del fallimento a cui spesso la medicina convenzionale conduce, soprattutto nel rapporto con il paziente, quasi mai considerato nella sua totalità. È tempo di invertire la rotta. La malattia, ad esempio, è un segnale, un messaggio che assume il più delle volte valenza di insegnamento per correggere la direzione e il modus vivendi, tanto che per alcuni viene interpretato come “benattia” per la trasformazione in positivo che può indurre. Tale messaggio-insegnamento viene invece messo a tacere sintomaticamente sia sul piano fisico-clinico che su quello più prettamente psichico. E purtroppo neppure la psicologia o la psichiatria riescono a cogliere il significato di tali messaggi che per essere decodificati richiedono un approccio che vada oltre il materialismo di cui anche queste discipline sono ormai intrise, dato l’abbondante prescrizione di farmaci sintomatici inibitori. È necessario guardare ad Oriente, alle culture extra-europee più antiche della nostra, dove nel tempo si è sedimentata una conoscenza molto profonda dell’essere umano. Un sapere quasi mai arrogante o presuntuoso come è diventato invece quello della medicina accademica insegnata nelle Università occidentali. Si tratta di culture che innanzitutto collocano l’uomo all’interno della natura e non al di sopra di essa. In un contesto dove l’uomo ha il compito di difendere la natura di cui è parte integrante, non di attaccarla, aggredendo anche il proprio corpo con alimenti non adatti, talora nocivi, sostanze inquinanti e farmaci potenzialmente dannosi. In questo scenario, così diverso dal nostro, la cura deve essere orientata al riequilibrio dell’organismo, della mente e dello spirito, con un approccio che alle nostre latitudini richiede però una rieducazione dell’uomo e del medico. La medicina totale è il nuovo paradigma che sta prendendo forma tra le persone più sensibili a queste tematiche e che può essere declinato in vari modi. Presuppone un diverso rapporto con l’alimentazione, un nuovo approccio nei confronti della salute e della malattia, ma prima ancora il  rispetto per la natura che invece adesso l’uomo sta depredando.

Un nuovo rapporto con la Natura

E pensare che a offrire molte possibilità energetiche ed alimentari, oltre che mediche è proprio la natura, ma dobbiamo rispettarne innanzitutto la sua ciclicità. Perché voler mangiare un certo nutrimento in un qualsiasi momento dell’anno, per esempio, è già una stortura che danneggia sia la natura sia l’uomo. La desertificazione di alcune aree del Pianeta, ma anche del nostro Paese sono l’esempio di come l’uomo si sia appropriato dei frutti del creato in modo irrazionale, senza tener conto delle conseguenze. Dovremmo avere tutti il coraggio di abbracciare questo nuovo concetto filosofico ed applicarlo nella vita quotidiana, ma anche nella ricerca, perché oggi si studiano prevalentemente nuove molecole sintetiche, anziché la natura. Gli effetti benefici che hanno sul nostro organismo certi alimenti, per esempio, alcune piante o particolari veleni di rane e serpenti impiegati in altre culture, sono trascurati, quando invece andrebbero studiati in modo più approfondito, perché è nella natura che possiamo trovare le risposte che cerchiamo. Il medico di oggi dovrebbe fare propri anche alcuni concetti derivati dall’insegnamento dello yoga per allargare la sua sensibilità. Un concetto fra tutti è quello di “nutrimento” che non è solo fisico, ma dal punto di vista energetico può derivare anche dalla luce solare, dalle frequenze che vengono emanate dagli esseri viventi e anche dai nostri simili. La medicina totale pone le proprie basi sull’idea che l’uomo è custode della natura e nella natura può trovare le risposte che cerca. Sento spesso dire che “il progresso ha bisogno di vittime”, che “è necessario sacrificare qualcosa e qualcuno”, ma questo non è vero progresso, semmai è arrivismo, arroganza  e speculazione economica sulla salute e sulla vita delle persone. Il progresso c’è quando tutta l’umanità sta meglio, non solo una piccola parte; quando tutta l’umanità pensa e agisce meglio. Andare nuovamente sulla Luna o su Marte non servirà a nulla se una buona parte degli uomini continuerà a vivere nelle catapecchie o a morire di fame. La sofferenza dei popoli si ripercuote sugli altri, diventa una colpa e un freno per una vera evoluzione.

Cosa dovrebbe fare il medico di oggi per abbracciare la medicina totale

Innanzitutto maturare più esperienza con i pazienti, perché gli insegnamenti universitari non sono sufficienti. Dovrebbe studiare e conoscere meglio le altre culture e occuparsi necessariamente anche di alimentazione. Ma soprattutto dovrebbe imparare ad essere critico nei confronti del sapere consolidato e dominante, perché questo è ciò che manca totalmente al medico di oggi. Perlomeno alla maggior parte dei medici, frenati dalla pigrizia, qualche volta dalla paura o dalla comodità di non doversi imbattere in terreni nuovi e inesplorati. La medicina totale è una rivoluzione filosofica e culturale, destinata a cambiare il rapporto tra medico e paziente. Se il medico è ben preparato ed assume questo nuovo paradigma, infatti, il paziente ha l’opportunità di comprendere meglio quel che gli sta accadendo, di avere un’ipotesi di diagnosi più ampia e articolata, più vicina alla sua storia, alla sua soggettività ed unicità, di avere cioè una diagnosi che tenga conto di quegli aspetti psicologici, emozionali e spirituali oggi completamente trascurati. Tuttavia il medico ha bisogno di studiare molto per cercare di dare le risposte che il paziente ha bisogno di avere sulle cause, ma anche sul senso della malattia che lo ha colpito. Perché, per esempio, a parità di fattori di rischio e di condotte di vita, il tumore colpisce alcuni soggetti e non altri? Ci sarà pure una ragione che deve essere indagata seriamente e senza preconcetti… Invece, purtroppo, spesso il medico dimostra di stare bene nella propria ignoranza che è diventata fonte di privilegi, dato che è pagato dallo Stato più per non curare che per prendersi cura davvero dei propri pazienti. Per farlo fino in fondo infatti dovrebbe sviluppare quel senso critico e quel desiderio di sapere di cui ho fatto cenno e che l’Università non è in grado di infondere. Il medico, quel sapere orientato alla medicina totale, deve andare a cercalo altrove, come ho fatto io in questi 40 anni di pratica medica e di studio, nelle periferie del sapere ufficiale. Il medico che si lascia guidare dalla medicina totale ha un atteggiamento di umiltà e mai di arroganza, che lo aiuta anche nella relazione con il paziente, con la sua malattia che per lui rappresenta sempre “una sorpresa”. Ecco perché, oltre agli studi accademici che non rinnego, ho studiato e praticato lo yoga e lo shiatsu con un maestro che mi ha trasferito molte conoscenze; ho studiato chinesiologia, omeopatia e omotossicologia, le 5 leggi biologiche di Hamer che offrono un contributo molto alto nella comprensione delle malattie e che andrebbe approfondito anziché attaccato e deriso; ho indagato le Costellazioni familiari e sistemiche di Hellinger, la meccanica quantistica applicata alla medicina, la medicina cinese, cioè l’agopuntura che può essere utile sia per le malattie sistemiche sia per quelle psichiche e relazionali, ma anche la medicina Ayurvedica che ho praticato per un certo periodo. Tanto ho studiato e tanto riconosco di non sapere, proprio come dovrebbe fare la medicina accademica che però spesso non riconosce i propri e numerosi limiti e, al contrario, ha un atteggiamento arrogante. Quel che non si sa ancora, andrebbe indagato con tutti i mezzi, anziché negato a priori. Tuttavia, alla medicina di oggi, nel prossimo futuro, sarà riconosciuto un valore, ma più per gli errori commessi, anche sotto il profilo concettuale, che non per i successi ottenuti. Perché non ha tenuto conto delle potenzialità dell’individuo di auto-guarigione, che sono state invece soffocate. Ha valorizzato più le macchine che non l’uomo. Ha dato esempio di un asservimento ai poteri forti, di un’omologazione del pensiero, di un paradigma più interessato al profitto che non al pensiero critico. La medicina totale è la negazione di tutto questo e l’affermazione di un nuovo paradigma che si sta delineando e che – una volta superati gli ostacoli e le resistenze culturali, nonché di potere economico  di chi ha interesse a mantenere lo stato attuale delle cose – porterà inevitabilmente l’uomo verso nuove conquiste scientifiche e spirituali, verso una nuova consapevolezza di sé.

Giorgio Rosanda, medico-chirurgo di formazione olistica